LE GEOGRAFIE INCOMPLETE DI WIKIPEDIA

di AR e UR

L’articolo di cui si segnala il link – un commento sulle geografie diseguali di Wikipedia, apparso nel quotidiano britannico The Guardian il 2 dicembre scorso – è importante almeno per due motivi.

In primo luogo, mostra come il moderno sapere enciclopedico di massa, quello appunto esemplificato dall’enciclopedia “aperta” di Wikipedia, sia segnato in profondità da divari di conoscenza, meccanismi più o meno involontari di selettività politico-geografica, tali da creare un patrimonio di informazioni perfino debordante per le regioni ricche del Pianeta (il “Nord globale”), cui corrisponde invece una persistente scarsità di conoscenze per quelle più povere, a partire dai paesi dell’Africa sub-sahariana (il “Sud globale”). L’Africa del resto è il continente che storicamente meglio evidenzia le contraddizioni della civilizzazione occidentale del Pianeta e del suo preteso universalismo: un rapporto di stretta continuità sembra legare, sotto tale profilo, l’era coloniale con quella post-coloniale. In un saggio pubblicato qualche anno fa (Global shadows. Africa in the neo-liberal world order, 2006), l’antropologo statunitense James Ferguson ha indagato le ragioni politiche, economiche e culturali che rendono l’Africa una persistente “zona d’ombra” perfino nell’iper-connesso mondo attuale: anche quando si parla di Africa nel discorso pubblico o più concretamente si lanciano campagne di solidarietà a suo sostegno, la sua rappresentazione è dominata da tratti unificanti di inadeguatezza, incomprensibilità, ritardo. E ciò rende apparentemente superfluo lo sforzo di comprendere le diversità politiche, sociali, economiche e culturali di ogni singolo Paese africano, soprattutto di quelli remoti e “minori”, come evidenzia il geografo Mark Graham in riferimento a Wikipedia.

In secondo luogo, quest’articolo merita di essere segnalato, perché offre un’ulteriore dimostrazione della rilevanza e dell’originalità dell’interpretazione geografica del mondo contemporaneo e delle grandi questioni che lo attraversano, come l’organizzazione del sapere nell’era di Internet e la sua controversa relazione con le diseguaglianze economiche, sociali e territoriali del Pianeta. Vi è un potenziale in larga parte ancora inespresso dei geografi – non solo già affermati, ma anche di quelli alle prime esperienze (come del resto l’autore dell’articolo del Guardian) – in quanto “intellettuali pubblici” capaci di offrire uno sguardo critico non convenzionale sulla realtà che ci circonda.

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