CENSUS INDIA 2011: TANTI, GIOVANI E MASCHI

di Luogoespazio (Antonella Rondinone)

 

La L’India è alle prese con il suo quindicesimo censimento. I dati provvisori, da poco resi noti dal governo indiano, fotografano un gigante demografico in espansione caratterizzato da una popolazione giovane e da un’elevata mascolinità. Guardiamo i dati nel dettaglio.

Tanti. Alla conta del censimento 2011 hanno risposto un miliardo e 28 milioni di indiani -181 milioni in più rispetto al censimento precedente condotto nel 2001 – confermando l’India al secondo posto nella classifica dei paesi più popolosi.

L’India si estende su un territorio vastissimo, diviso in 28 Stati e 7 Territori dell’Unione, contrassegnato da molteplici combinazioni demografiche. L’incremento della popolazione, come sempre accade, non è uniforme e non è nemmeno necessariamente proporzionale alla densità di popolazione. Lo Stato che cresce di più e quello che cresce di meno, per esempio, si posizionano entrambi tra i più densamente popolati del subcontinente. Tuttavia, uno, lo Stato settentrionale del Bihar è cresciuto demograficamente del 25% nell’ultimo decennio mentre l’altro, lo Stato meridionale del Kerala, solamente del 5%.
Le ragioni di queste ampie divergenze affondano nel complesso intreccio di variabili che compongono la trama del benessere quali le condizioni socio-economiche, lo status sociale ed economico delle donne, il livello di istruzione, la possibilità di accedere alle cure mediche ma anche l’organizzazione politica ed economica di un territorio e il valore/costo che i figli costituiscono per la famiglia. Un intreccio che ha portato il Kerala alla fecondità più bassa dell’India (1,7 figli per donna) e il Bihar a quella più elevata (3,9 figli per donna).

Ma ecco un dato davvero innovativo: per la prima volta nella storia dei censimenti indiani il decennio intercorso tra l’ultimo censimento e quello attuale ha aggiunto meno popolazione del decennio precedente (ad eccezione del 1911-21 in cui carestie ed epidemie avevano causato ingenti perdite umane). Ciò significa che nonostante la popolazione indiana stia aumentando in termini assoluti il tasso di crescita è in diminuzione.

Si tratta di un risultato molto atteso dalla classe politica indiana che da 60 anni si impegna più o meno intensamente/coercitivamente all’applicazione di politiche antinataliste messe a punto allo scopo di portare il tasso di fecondità dai 6 figli per donna degli anni Cinquanta a valori più vicini al tasso di rimpiazzo generazionale. Ma nonostante il buon risultato raggiunto (2,6 figli per donna) la popolazione indiana continua a crescere. Come mai?

Giovani. L’India è abitata da una popolazione giovane. Il 35% ha meno di 15 anni e il 57% ne ha tra i 15 e i 59 anni. Perciò mentre il numero di figli per donna diminuisce, il numero totale di nati aumenta grazie all’elevata presenza di cittadini in età feconda: una presenza in espansione alimentata dal passaggio delle bambine e dei bambini all’età feconda. E a causa di questa inerzia demografica la popolazione indiana continuerà a crescere di buona lena ancora per un po’. Il suo incremento, tuttavia, che in un passato anche molto recente ha tanto impensierito la classe dirigente indiana e spesso anche quella internazionale (che ha a lungo riversato ingenti finanziamenti nei programmi di controllo delle nascite), negli ultimi decenni ha cominciato ad assumere una luce diverse.
Da quando le profonde riforme economiche effettuate nel 1991 hanno lasciato l’India tra i paesi che in via di sviluppo lo sono davvero, la vastità della sua popolazione ha smesso di giocare unicamente il ruolo dell’imponente fardello nella corsa allo sviluppo per assumere sembianze più variegate. A ben guardare si è notato che in realtà rappresenta una risorsa non da poco per la nuova macchina economica che sta traghettando il paese verso modelli di sviluppo occidentali al ritmo dell’8% di crescita l’anno (nel 2011). Ci si è poi accorti che tale immenso bacino di manodopera non si limita solamente alle masse di diseredati e analfabeti da impiegare nel settore agricolo o manifatturiero, ma coinvolge anche una fascia, fortemente in espansione, di persone altamente qualificate: una risorsa non da poco per un’economia che basa la propria affermazione a scala internazionale anche su questa ampia offerta di manodopera qualificata a basso costo.

Maschi. Il censimento ha rilevato, inoltre, un tasso di mascolinità particolarmente elevato che si esprime in 940 donne ogni 1000 uomini. La sex ratio sfavorevole alla popolazione femminile è una tendenza consolidata nel contesto indiano. Contrariamente ai trend biologici, in India la mortalità infantile femminile supera notevolmente quella maschile soprattutto tra il primo e il quinto anno di vita, ovvero nel periodo in cui i demografi concordano nell’affermare che le cause di mortalità sono prevalentemente influenzate da fattori socio-culturali. Le bambine indiane vengono accudite e trattate peggio della loro controparte maschile per ciò che riguarda il nutrimento, le cure mediche, il vestiario, l’istruzione e il benessere in generale. La causa di questo trattamento ineguale deriva da una profonda preferenza nei confronti dei figli maschi che una volta cresciuti impianteranno il proprio nucleo familiare nella casa paterna, erediteranno e amministreranno i beni di famiglia e soprattutto si prenderanno cura, anche finanziaria, dei genitori. Un fattore non da poco in un paese in cui il sistema pensionistico si limita ai lavoratori in regola mentre il 93% della forza lavoro è impiegata informalmente. Le figlie femmine, al contrario lasciano la famiglia d’origine al momento del matrimonio accompagnate da una dote che molto spesso lascia i genitori economicamente prostrati.
Detto questo, tuttavia, è da notare che il dato rilevato dall’attuale censimento è in realtà positivo rispetto a quello rilevato dal censimento precedente (933 donne ogni 1000 uomini). E’ presto per ritenerlo un trend positivo ma è comunque un dato incoraggiante.

Buoni risultati? L’India, nell’ultimo decennio ha aggiunto alla popolazione mondiale l’equivalente del triplo della popolazione italiana. Male? Forse. Il tasso di fecondità però è sceso. Bene? In termini assoluti il dato provoca il plauso internazionale e della classe dirigente locale. In termini di costi sociali però, forse ci sarebbe qualcosa su cui riflettere. Le politiche per il controllo delle nascite indiane hanno circa 60 anni e hanno attraversato diverse fasi: da quella speranzosa in cui l’introduzione dei contraccettivi era accompagnata da una profonda convinzione, da parte della classe dirigente, che la popolazione indiana non aspettasse altro per cominciare a ridurre la propria fecondità fino ad arrivare ad una fase estremamente violenta e coercitiva in cui anticoncezionali irreversibili, ovvero la sterilizzazione prima maschile poi femminile, veniva imposta a casaccio alla popolazione indipendentemente dal desiderio individuale di sottoporvisi e dal progetto procreativo familiare. Il periodo coercitivo accompagnato da grandi sofferenze da parte della popolazione, tuttavia, non poteva durare a lungo in una democrazia. Ora che il peggio è passato e le politiche demografiche indiane, comunque indirizzate verso la riduzione della fecondità, si basano sull’informazione, sulla tutela della salute di donne e bambini/e e sull’istruzione possiamo cominciare a ritenerlo un dato positivo in quanto frutto della scelta di chi ne viene coinvolto.

Per approfondire:

Gli attuali dati censuari indiani sono disponibili sul sito ufficiale del censimento: http://censusindia.gov.in/ contenente i dati relativi al 2011 e a quello precedente (2001). I dati del censimento 2001, insieme a quelli 1991, sono presenti in maniera più dettagliata sul sito precedentemente utilizzato: http://www.censusindia.net/. I dati di tutti gli altri censimenti sono al momento consultabili solamente in forma cartacea.

Per approfondire le questioni legate alla popolazione indiana si può vedere:
– Rampini F., La speranza indiana, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2007.
– Rondinone A., India. Una geografia politica, Roma, Carocci, 2008.

Per ciò che riguarda le politiche demografiche indiane:
– De Zordo S., Rondinone A., “Politiche demografiche e questioni di genere: Brasile e India a confronto”, Rivista Geografica Italiana, 111, 2004, n. 4, pp. 727-757.
– Vicziany, M., “Coercion in a Soft State: The Family Planning Program of India: Part I: The Myth of Voluntarism”, Pacific Affairs, 55, 1982a, n. 3, pp. 373-402.
– Vicziany M.,“Coercion in a Soft State: The Family Planning Program of India: Part II: The Sources of Coercion”, Pacific Affairs, 55, 1982b, n. 4, pp. 557-592.
– Visaria, L., Jejeeboy, S., Merrick, T., “From Family Planning to Reproductive Health: Challenges Facing India”, International Family Planning Perspectives, 31, 1999, n. 1, suppl. n. 25.

Per ciò che riguarda la sex ratio:
– Rondinone A., Donne mancanti. Un’analisi geografica del disequilibrio di genere in India, Firenze, Firenze University Press, 2003.
– Das Gupta M., Chung W., Shuzhuo L., “Evidence for an Incipient Decline in Numbers of Missing Girls in China and India”, Population and Development Review, 35, 2009, n. 2, pp. 401–416.
– Fred A., Kishor S., Roy T. K., “Sex-selective abortions in India,” Population and Development Review, 28, 2002, n. 4, pp. 759–785.

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